Franz Schreker: biografia

(il presente testo corrisponde, con poche modifiche, al secondo capitolo della mia tesi di laurea sui Lieder di Schreker – anche per questo i riferimenti all’attività liederistica del compositore sono particolarmente frequenti. Ho cercato di reintegrare alcune delle note a pie’ di pagina nel testo e aggiunto le altre nella bibliografia).

*

An der französischen Riviera, Orangenhaine, frühe glückliche Kindheit: ― etwas später ein Hotel in Pola, an Wänden Skorpione, die mir Angst einflößen.

Sulla riviera francese, boschetti di aranci, gioiosa prima infanzia: un po’ più tardi un hotel a Pola, scorpioni sulle pareti, che m’incutevano paura.

(F. Schreker: Erinnerungen)

Franz Schreker nacque a Monaco il 23 marzo 1878. Il padre di Franz, Isak (poi Ignaz), ebreo di origini boeme, vi si era trasferito dopo aver sposato nel 1876 Eleonore von Clossmann ed essersi convertito alla fede evangelica. Isak Schrecker era nato il 6 marzo 1834 nel villaggio boemo di Golc-Jenikau, a circa 80 km. da Praga, e dopo aver studiato arte e aver lavorato come disegnatore si era dedicato alla fotografia. Eleonore von Clossmann, nata il 18 maggio 1853, discendeva da una famiglia aristocratica della Stiria, ma dopo la morte della madre aveva rotto i rapporti col padre e la matrigna e aveva preso un posto di governante a Vienna. Isak, persona molto irrequieta e sempre alla ricerca di nuove possibilità, dopo aver raggiunto un successo internazionale a Budapest col suo studio fotografico e fama e riconoscimenti presso varie corti europee, tanto da potersi fregiare del titolo di »k.u.k. Hofphotograph« (Imperiale e Regio Fotografo di Corte), aveva cominciato a intraprendere, poco dopo il matrimonio, una serie di »viaggi artistici«, spostandosi dapprima in Belgio, e aprendo poi nel 1878 un nuovo Atelier sulla riviera francese, a La Condomine/ Monaco. Per una complessa serie di ragioni, che non c’è qui lo spazio per raccontare nel dettaglio, ma che si potrebbero riassumere con l’ambizione di mantenere un determinato status artistico ed economico, Ignaz intraprese una serie di progetti che negli anni seguenti lo portarono a spostarsi in continuazione, dapprima con moglie e figli (Spa, Bruxelles, Parigi, Pola), poi da solo, dal 1881, quando la famiglia, che comprendeva ormai quattro bambini, si stabilì a Linz. Ignaz morì di tubercolosi nel 1888 durante uno di questi viaggi.

*

Alles bricht zusammen, Pfändung, Elend. Wien. Not und Hunger immerzu. Meine kleine Schwester stirbt. Mit 14 Jahren Auszug in die Welt.

Tutto crolla, debiti, miseria. Vienna. Sempre più poveri e affamati. La mia sorella minore muore. A 14 anni sortita nel mondo.

Eleonore, terminati in poco tempo i risparmi, si trasferì coi suoi quattro figli a Vienna, nel distretto di Döbling, più vicina alla sorella Sofia e alla madrina Principessa Alexandrine von Windisch-Graetz; ma nonostante l’aiuto da esse ricevuto si trovò a vivere per qualche tempo in condizioni di miseria molto dure. Nel 1890 una sorella di Franz, Henriette, morì di meningite, ma anche le condizioni di salute di Franz erano abbastanza precarie.

Nel 1889, con l’aiuto economico della Principessa von Windisch-Graetz, Franz poté iscriversi alla scuola musicale di Döbling. Temprato dalle avversità, il giovane Schreker, come lo ricordò più tardi Karl Pfleger, suo insegnante di armonia e violino (che Schreker definì come risvegliatore del suo istinto musicale), si dimostrò un giovane molto sicuro di sé e quasi intrattabile, che già attorno al 1890 presentava al maestro la sua prima composizione, un’Ode sulla morte di Napoleone. La determinazione di Schreker risulta evidente anche dal fatto che, deciso a impegnarsi per non gravare finanziariamente sulla propria famiglia, nel 1892, a soli 14 anni, andò a vivere per conto proprio, mantenendosi da sé con lezioni private e servendo come organista nella chiesa di S. Paul a Döbling.

Nell’autunno dello stesso anno, su raccomandazione della famosa cantante Berta Ehnn-Sand (1845-1932) e col sostegno finanziario della Principessa von Windisch-Graetz, Schreker riuscì a entrare al Conservatorio come studente di violino, dapprima nel biennio 1892-1894 con Sigmund (Sigismund) Bachrich (1841-1914), poi fino al 1897 con Arnold Rosé (1863-1946). Bachrich e Rosé suonavano all’epoca insieme nel Quartetto Rosé, fondato nel 1882, al quale si devono tra l’altro le prime esecuzioni di Verklärte Nacht e dei Quartetti n.1 op.7 e n.2 op.10 di Schönberg. Gli interessi di Schreker però andavano principalmente agli studi di teoria e composizione. Le prime sue composizioni ancora conservate, due Lieder di stampo abbastanza tradizionale, risalgono precisamente al 1894 (aprile e novembre), ma già nei Lieder degli anni immediatamente successivi all’intenzione di aderire ai criteri definibili come »idea classica di Lied« si mischiano tendenze di stampo più modernista, legate sia a un’esplorazione del suono che in alcuni passaggi tiene solo relativamente conto dell’armonia, sia a scelte poetiche abbastanza particolari, come quelle di Jens Peter Jacobsen (1847-1885) o Mia Holm (1845-1912). Le ambizioni compositive si espressero anche in altri pezzi, una Melodia, una Sonata Apassionata [sic!] per pianoforte, e un Love Song per arpa e orchestra d’archi (1896, purtroppo perduto), prima composizione di Schreker ad essere eseguita in pubblico, paradossalmente a Londra, e, pare, all’insaputa del compositore. Nello stesso periodo il futuro compositore entrò a far parte del Döbling Männergesang-Verein, al quale si deve, qualche anno dopo (1899) l’esecuzione di una delle sue prime composizioni, König Tejas Begräbnis, e fondò un Verein der Musikfreunde Döbling, formato prevalentemente da suoi studenti.

Nel 1897, diplomatosi in violino, Schreker poteva aspirare, grazie alle conoscenze di teoria acquisite nel frattempo, a entrare nella classe di composizione di Robert Fuchs (1847-1927). Non essendo però la Principessa von Windisch-Graetz più in grado di sostenerlo nei suoi studi, fu lo stesso Fuchs, come racconta Schreker, ad adoprarsi energicamente affinché Schreker ottenesse la borsa di studio Amadai.

*

Ich komponiere »wild«. Grauenhafte Oratorien und Orchesterstücke.

Compongo »selvaggiamente«. Orripilanti oratori e pezzi per orchestra.

Fuchs, che era stato insegnante anche di Wolf, Mahler e Zemlinsky, teneva sicuramente una delle cattedre di composizione più importanti dell’epoca, ma pare che non fosse egli stesso particolarmente aperto alle novità. Nel 1912, quando Schreker fu proposto per la cattedra di composizione e contrappunto all’Accademia di Musica e Arti Drammatiche, il Direttore Wilhelm Bopp (1863?-1931) definì Fuchs come un uomo radicato in un passato idilliaco, che non andava da anni a nessun concerto o rappresentazione d’opera, non conosceva e non voleva conoscere nulla dell’ultimo Wagner, tanto da vantarsi di non sapere nulla del Tristan und Isolde, né tantomeno voleva sapere qualcosa di Strauss, Reger o Mahler, per non parlare di Debussy, Schönberg o Skrjabin. È presumibile quindi che l’insegnamento di Fuchs non sia stato molto improntato alle ultime tendenze, ma abbia piuttosto seguito una linea classicista di stampo più o meno brahmsiano. Tale modello d’insegnamento deve però essere rimasto congeniale a Schreker, come si vede sia dalle sue riflessioni sull’argomento, sia dalle tensioni che scaturirono poi negli anni Venti tra lui e i suoi studenti troppo ansiosi di diventare da subito compositori d’avanguardia.

Molti dei Lieder composti nei tre anni di studio con Fuchs furono pubblicati solo successivamente, ma l’influenza del Maestro (non di rado integrata con influenze più moderne) si estende anche a Lieder di datazione incerta, ma composti con ogni probabilità subito dopo la fine degli studi. Così in questo periodo si possono includere sia i 13 Lieder composti quasi sicuramente prima del diploma pubblicati successivamente nelle raccolte op. 4 e op. 7, sia i tre Lieder su testi di Vincenz Zusner (1803-1974), uno dei quali, Ein Roseblatt, vinse nel 1900 un premio al concorso Zusner, sia infine i Fünf Gedichte von Paul Heyse, op. 3 e gli Zwei Lieder auf den Tod eines Kindes, op. 5, composti probabilmente subito dopo, oltre a composizioni di altro tipo, come una Sinfonia, una Sonata per violino e pianoforte, uno Scherzo per orchestra e diversi cori.

Nel luglio 1900, come ricordato sopra, Schreker vinse con il Lied Ein Roseblatt il secondo premio al concorso Zusner (il primo premio quell’anno non venne assegnato a nessuno), e alla fine del mese si diplomò. Il pezzo di diploma, Der 116. Psalm, eseguito una prima volta nel luglio 1900, fu ripreso il 10 febbraio 1901 nei concerti della Gesellschaft der Musikfreunde, ottenendo un certo successo e buone recensioni di Eduard Hanslick e Max Kalbeck, tanto da essere pubblicato dall’editore Adolf Robit-schek, lo stesso che pubblicò poco dopo anche i Fünf Gedichte von Paul Heyse, op. 3.

*

Ich werde gedruckt, verlegt. Mir selbst überlassen, als Komponist zunächst hilflos. Ich schreibe ein Streicherstück, es erhält einen Preis. Eine Ouvertüre: Pepi Hellmesberger spielt sie im »Philarmonischen«.

Vengo stampato, pubblicato. Abbandonato a me stesso, compositore inizialmente sprovveduto. Scrivo un pezzo per archi, ottiene un premio. Un’Ouverture: Pepi Hellmeister la esegue coi »Filarmonici«.

Abbandonati nel 1899 sia il Döbling Männerverein sia il Verein der Musikfreunde Döbling, Schreker si dedicava ora a tempo pieno alla sua carriera di giovane compositore di successo. La copiosa produzione di Lieder degli anni precedenti viene messa a frutto nel progetto della prima opera, Flammen, op. 10, su libretto di Dora Leen (Dora Pollak, 1880-1942?), e sempre in collaborazione con la Leen e con lo scrittore Ferdinand von Saar, che Schreker conobbe anche grazie a lei, nascono tra il 1901 e il 1903 anche Lieder, composizioni orchestrali e corali come gli Zwei Lieder, op. 2 (testi di Dora Leen e Ferdinand von Saar), lo Schwanengesang, op. 11 per coro e orchestra (testo di Dora Leen), la Ekkehard Ouvertüre, op. 12, su programma in versi sempre della Leen da un romanzo del 1885 di Josef Viktor von Scheffel (1826-1886) molto in voga all’epoca, e il Gesang der Armen im Winter per coro a cappella su testo di Ferdinand von Saar. E se da un lato Flammen, eseguita in forma di concerto con l’accompagnamento di Schreker al pianoforte nella Bösendorfersaal il 24 aprile 1902, non otteneva il riconoscimento sperato, essendo giudicata buona nella fattura musicale ma non adatta alla scena, dall’altro la Ekkehard Ouvertüre gli faceva ottenere nel 1903 un successo consistente sia di pubblico sia di critica, venendo pubblicata dopo appena qualche mese dall’editore Josef Eberle & Co.

Schreker stesso sentiva però che qualcosa mancava, tanto da sentirsi colpito nel segno da quelle poche critiche che lamentavano l’assenza di una decisa personalità nel suo stile. Come egli scrisse nel 1921 nell’articolo Zwiespältiges. Aus meinem Leben, qualifiche come »convenzionale«, »gradevole«, »eclettico«, che nelle recensioni connotavano il suo stile musicale , lo lasciavano amareggiato ― precisamente per il fatto che le sapeva giustificate. Ma i primi tentativi di oltrepassare questo limite non ottennero successo: la sua Romantische Suite, op. 14, come Schreker scrive nel Selbsbiographisches, fu ritenuta »troppo selvaggia per i tempi«, e tanto più la successiva Phantastische Ouvertüre, op. 15, era destinata a rimanere per il momento ineseguita.

*

Aber Eindrücke über Eindrücke, brausend, erschütternd, flammend, ruhelos; ein Greifen und Haschen nach fliehenden Dingen, immer voll Glauben, und immer aufs neue verdammt zu jagen, zu suchen und nicht zu finden: Frühlingssehnen. Alle Voraussetzungen für die Entstehung des Fernen Klanges waren gegeben.

Ma impressioni sopra impressioni, scroscianti, sconvolgenti, fiammeggianti, senza posa; un allungare la mano tentando di ghermire cose fuggevoli, sempre colmo di fede, e sempre nuovamente condannato a cacciare, a cercare e a non trovare: brame primaverili. Tutte le premesse per la nascita del Ferne Klang erano date.

Schreker aveva cominciato a pensare a una nuova opera, Der ferne Klang, probabilmente subito dopo l’esperienza di Flammen, risolvendosi, anche in seguito agli incoraggiamenti dell’amico scrittore Ferdinand von Saar a scriverne egli stesso il libretto. A differenza di quanto accadeva in Flammen, ancora sospesa in una atmosfera post-wagneriana, con tanto di crociati e cantori, in Der ferne Klang un realismo abbastanza crudo si mescolava a scene dal carattere simbolista, cosicché le due correnti più moderne dell’epoca si riunivano in un prodotto che ancora oggi non ha perso la sua singolarità. L’opera narra del percorso, spirituale e di vita, di due persone: il compositore Fritz, che per inseguire l’idea di un »suono lontano« decide di abbandonare la fanciulla che ama, Grete, in modo da non essere ostacolato nella sua ricerca da affetti, persone e situazioni troppo vicine e concrete – e non si rende conto, se non in punto di morte, che era proprio il suo amore per Grete a risvegliare in lui quel suono che cercava; e la fanciulla Grete, che, spinta dall’irresistibile forza dell’amore per Fritz, fugge di casa e da una situazione familiare quanto mai opprimente, nella quale lei è merce di scambio (il padre ubriaco se la gioca a bocce con l’oste), e ha una sorta di rivelazione sull’amore universale nell’ambiente reale e simbolico insieme di in un bosco, di notte, vicino a un lago – rivelazione della quale ella perde poi il senso, perdendosi nella variante fisica dell’amore universale e avviandosi alla prostituzione. Il tema dell’ambivalenza tra amore fisico e amore spirituale, variamente espresso praticamente in tutte le opere di Schreker, aveva trovato, tra le sue tante ramificazioni precedenti, un’incarnazione nelle figure di Kundry e Amfortas in Parsifal (1877-82), opera la cui influenza in generale su tutto il periodo dei primi anni del Novecento è gigantesca, ma che in particolare appare determinante per la concezione di Der ferne Klang e dell’opera successiva, Das Spielwerk und die Prinzessin. Fritz e Grete s’incontrano a metà dell’opera nella »Casa di Maschere«, una sorta di bordello di lusso su un’isola nel golfo di Venezia: Fritz arriva su una barchetta, da »fuori«, come il personaggio di una fiaba (molti lo scambiano per il »pallido re« di cui si è appena narrato nella Ballata, quindi qualcosa a metà tra l’Olandese Volante e Lohengrin), ma, invece di trovare una donna fedele o una principessa di sogno, ritrova nella sua Grete una regina del demi-monde, che ha già concesso il suo amore a migliaia di uomini, e la caccia disgustato lontano da sé. Ambedue cadono sempre più in basso ― Fritz malato, incapace di completare il suo capolavoro, perché non conosce la gioia e ha perso il contatto col mondo; Grete una prostituta di strada, del tutto impermeabile alle emozioni ― finché il destino li fa incontrare nuovamente, rompendo l’incantesimo: Grete può nuovamente piangere e ritrovare se stessa, e Fritz può morire tra le braccia dell’amata ascoltando finalmente il »suono lontano«.

Il progetto di Der ferne Klang incontrò da subito una decisa resistenza. Molti di coloro a cui Schreker sottopose il libretto trovarono il soggetto sconveniente e il linguaggio troppo crudo: anche parecchi anni più tardi il termine »Dirne«, nell’accezione utilizzata da Fritz per qualificare Grete nella »Casa di Maschere«, ovvero »puttana«, e non certo in quella aulica di »ragazza« ― stranezze della lingua tedesca ― in cui nella stessa identica epoca lo utilizzavano Siegfried Wagner (1869-1930) ed Engelbert Humperdinck (1854-1921), creava un certo sconcerto, e sembra che la stessa protettrice di Schreker, la Principessa von Windisch-Graetz, ne fosse rimasta così sconvolta da proibire al protetto l’ingresso nel suo salotto. D’altra parte la musica che Schreker stava componendo per l’opera non trovava miglior accoglienza: lo stesso Fuchs la liquidò in modo lapidario con la definizione »verrücktes Zeug« (roba senza senso). Schreker dimostrò una buona dose d’ironia inserendo la stessa identica espressione nel libretto della sua opera successiva: precisamente così, in Das Spielwerk und die Prinzessin, il Giovane commenta i deliri della Principessa: »Ich hörte noch nie so verrücktes Zeug«. Nonostante gli ostacoli, Schreker arrivò a comporre già prima del 1907 diverse delle parti più impressionanti di Der ferne Klang, tra cui la scena finale, il Nachtstück e alcune scene del Secondo Atto, come risulta dalle lettere a Grete Jonasz (una vicina i casa di Schreker, cui egli impartiva lezioni di musica e con la quale ebbe all’epoca una breve e tempestosa relazione, nonostante ella fosse già sposata). Ma alla fine, scoraggiato, egli abbandonò la composizione dell’opera, mentre al contempo tutta la sua vita sembrava subire una battuta d’arresto.

*

Es stockt alles. Glaube an die Berufung, Lebensglück, an die »Frau«. Von keiner Seite Ermutigung, Förderung, Hilfe.

Si blocca tutto. Fede nella vocazione, nella gioia di vivere, nella »Donna«. Da nessuna parte incoraggiamento, sostegno, aiuto.

Nel periodo che potremmo definire di crisi che va dal 1905 al 1907 Schreker non compose nulla d’importante, rimanendo anche lontano sia da incarichi rilevanti nel campo musicale sia dalle nuove associazioni artistiche nate a Vienna in quegli anni, come ad esempio l’Ansorge-Verein o la Vereinigung schaffender Tonkünstler. Chiuso nel suo distretto-suburbio socialmente e culturalmente indipendente di Döbling, Schreker restò in quegli anni completamente estraneo al cuore pulsante della vita culturale viennese.

La situazione cambiò quando, probabilmente dietro spinta di Fuchs, Schreker riuscì a ottenere il posto di Maestro del Coro e di Cappella alla Wiener Volksoper negli anni 1906/1907, entrando finalmente in contatto con Zemlinsky e, attraverso questi, con Schönberg ― anche se di quell’anno Schreker non conservò un ricordo precisamente idilliaco, come si legge nel suo “Selbstbiographisches”.

Fondato nel 1907 un suo Coro Filarmonico, attraverso l’ingrandimento della preesistente Wiener Chorakademie con l’immissione di altri piccoli gruppi corali autonomi, Schreker abbandonò già nel 1908 l’incarico alla Volksoper per dedicarsi a tempo pieno al nuovo progetto. L’associazione, destinata a ricoprire un ruolo fondamentale nella vita culturale della Vienna del secondo decennio del Novecento, aveva come scopo la diffu-sione della letteratura corale antica e moderna e l’educazione musicale dei membri tra-mite corsi tenuti dallo stesso Schreker. Il primo concerto del Coro Filarmonico, nel marzo 1909, con opere di Brahms, Berlioz e Otto Naumann (1871-1932), ottenne un plauso unanime dalla critica.

Tra i membri del suo Coro Filarmonico c’era la giovanissima cantante Maria Binder (1892-1978), con la quale Schreker cominciò l’ennesima relazione amorosa, che però stavolta sfociò, nonostante le resistenze dei genitori di lei, nel matrimonio, il 10 novembre 1909, giorno in cui ella compiva 17 anni. Fortuna volle che, qualche anno più tardi, vincendo le resistenze del marito, Maria giungesse ad affermarsi come una delle principali interpreti delle sue opere. Adolf Weissmann (1873-1929), critico tutt’altro che tenero con Franz Schreker, scrisse in termini entusiastici del debutto berlinese di Maria Schreker, descrivendola come una creatura delle fiabe. Maria fu considerata l’incarnazione delle figure femminili delle opere del marito. Alcune registrazioni superstiti dell’epoca hanno portato la sua voce fino a noi, in esecuzioni di brani dalle opere di Schreker diretti da lui stesso.

*

Die Klimtsche Kunstschau bestellt eine Pantomime für die Wiesenthal: Geburtstag der Infantin. Ein Erfolg, ein Hoffnungsstrahl.

L’esposizione artistica del gruppo di Klimt commissiona una pantomima per le Wiesenthal: Compleanno dell’Infanta. Un successo, un raggio di speranza.

Nel frattempo anche lo Schreker compositore subiva una rinascita: nell’estate del 1908 gli giunse una commissione da parte delle sorelle Elsa (1887-1967) e Grete Wiesenthal (1885-1970) per una pantomima basata sul racconto di Oscar Wilde (1854-1900) The Birthday of the Infanta (dalla raccolta di racconti The House of Pomegranates, 1888). Il circolo di artisti a cui le Wiesenthal appartenevano faceva capo a Gustav Klimt (1862-1918), e proprio per l’estate 1908 era stato progettato il primo »Kunstschau« del gruppo, ovvero una serie di esposizioni e performances che dovevano coprire tutto l’arco della nuova arte austriaca, dalla scultura alla pittura alla musica alla danza. Allo scopo era stato allestito uno speciale padiglione dotato di giardini e teatro all’aperto, una sorta di realizzazione fisica dell’ideale »isola dell’arte« vagheggiata dagli artisti dello Jugendstil.

La rappresentazione di Der Geburtstag der Infantin il 27 giugno 1908 fu non solo un immenso successo, ma anche uno snodo fondamentale nella storia dello Jugendstil viennese: per lo spazio di una sera sembrò che si fosse realmente raggiunta quella ideale fusione delle arti e della natura che gli artisti ricercavano, e ne resta a testimonianza uno scritto euforico di Peter Altenberg (Gartentheater in der»„Kunstschau«, pubblicato nel 1909 in Bilderbogen des kleinen Lebens). La musica di Schreker non vi giocò un ruolo secondario. Ecco che Schreker era d’improvviso divenuto uno dei compositori più promettenti di Vienna, anche se segnato col marchio indelebile del Secessionismo.

La versione originale di Der Geburtstag der Infantin è per complesso da camera; Schreker ne rielaborò una suite per grande orchestra nel 1923, sostanzialmente tagliando tutta la parte finale, e un balletto dal titolo Spanisches Fest, basato sulla suite, e rappresentato a Berlino nel 1927.

Poco dopo questo successo, nel 1909, Schreker giunse a sottoscrivere un contratto con la Universal Edition, pressappoco nello stesso periodo in cui la Universal acquisiva anche Mahler e Schönberg. Nello stesso anno furono Schreker si vide pubblicati Der Geburtstag der Infantin, la Suite Rokoko e i Fünf Gesänge, da lui scritti nel maggio di quell’anno.


*

Da kam nach vielen Jahren körperlichen und seelischen Darbens der Erfolg des Fernen Klanges wie ein Geschenk vom Himmel, unerwartet, überwältigend. Die Kämpfe, die zahllosen erweckten und wieder zerstörten Hoffnungen, die diesem vorausgingen, die Leiden, die das Studium des für die damalige Zeit übermäßig schwierigen und unverständlichen Werkes mit sich brachte, zu schildern, würde zu weit führen. Genug, der Erfolg war da. Eitel Sonne, Jubel und Glück. Eine Berufung als Lehrer an der Wiener staatlichen Akademie folgte. Der ärgsten materiellen Sorgen war ich ledig. Und was mehr war: ich hatte den Glauben an mich, an meine künstlerische Mission wiedergewonnen.

E poi venne dopo molti anni di miseria fisica e spirituale il successo del Ferne Klang come un dono del cielo, inaspettato, sopraffacendomi con forza. Descrivere le lotte, le speranze che lo precedettero, innumerevoli volte destate e ogni volta distrutte, gli affanni, che lo studio di un lavoro per quell’epoca smisuratamente difficile e incomprensibile portava con sé, porterebbe troppo lontano. Basta, il successo era là. Puro sole, giubilo e gioia. Seguì una cattedra di insegnante all’Accademia di Stato di Vienna. Ero libero dalle preoccupazioni materiali più gravi. E ciò che contava di più: avevo riconquistato la fede in me, nella mia missione artistica.

Sempre attorno al 1909 Schreker aveva ripreso a lavorare a Der Ferne Klang, incoraggiato sia dal successo ottenuto con Der Geburtstag der Infantin, sia dall’ascolto della Salome di Richard Strauss, la cui prima viennese era avvenuta nel 1907. L’audacia del linguaggio musicale di Strauss fece sentire a Schreker di essere sulla giusta via. Ma le sue tribolazioni per Der ferne Klang erano tutt’altro che finite: il Nachtstück, interludio dal terzo atto, composto ormai da diversi anni ed eseguito in concerto il 25 novembre 1909, fu accolto da una valanga di fischi e proteste, suscitando il primo scandalo della vita del compositore. Completata poi nel 1910 l’orchestrazione dell’opera, egli dovette adoperarsi non poco perché venisse rappresentata da qualche parte: sfumarono una dopo l‘altra le possibilità di un allestimento prima a Budapest, dove la partitura venne classificata come »impossibile«, poi a Vienna, dove, grazie all’interesse di Bruno Walter (1876-1962) e Felix Weingartner (1863-1942), si era arrivati addirittura a programmare la rappresentazione per la stagione successiva, tanto che Berg aveva preparato su commissione della Universal Edition una riduzione per canto e pianoforte ― uno spartito che va oltre la semplice resa pianistica della partitura e si trasforma in vera e propria analisi. Berg ricorderà con grande piacere quell’esperienza in uno scritto del 1928 dedicato ai 50 anni di Schreker.

Alla fine Schreker riuscì a ottenere che l’opera venisse messa in programma a Francoforte sul Meno sotto la direzione di Ludwig Rottenberg (1865-1932). Der ferne Klang, allestito con enormi difficoltà, venne finalmente rappresentato il 18 agosto 1912, ottenendo un successo clamoroso.

La straordinaria apertura dello spazio musicale nel secondo Atto a Venezia, con cori e orchestre che risuonano da tutte le parti (nel solo preludio, all’orchestra normale si sovrappongono altri due gruppi strumentali dietro la scena, uno con musica veneziana e un altro con musica tzigana, e due cori, uno che canta vocalizzi e un altro che, su una tonalità diversa, intona un Lied), porta a un punto estremo una tendenza che in quell’epoca si manifestava nelle Sinfonie di Mahler (in particolare la Seconda e l’Ottava), nei pezzi di Charles Ives (1874-1954) o in alcuni poemi sinfonici di Strauss (per esempio Ein Heldenleben), ma trova nella produzione operistica di quegli anni come unico paragone a me conosciuto solo la ricchissima scena iniziale de I gioielli della Madonna di Wolf-Ferrari (1911). Lo stesso Schreker andrà ancora oltre nelle opere successive, raggiungendo il vertice nell’incredibile cacofonia generata dalla sovrapposizione di piani sonori discordanti nel finale del terzo Atto di Der singende Teufel (1928).

Come risultato immediato del successo di Der ferne Klang, Schreker ottenne di essere chiamato a tenere la cattedra di composizione all’Imperiale e Regia Accademia di Musica e Arti Drammatiche di Vienna, incarico precedentemente proposto a Schönberg, ma che questi aveva rifiutato. In un’interessante lettera a Schreker del 3 settembre 1912 Schönberg fa riferimento a entrambi i fatti:

Caro amico, il Suo successo, che, da tutto quello che ho sentito a riguardo, sembra davvero immenso, mi ha procurato un’enorme felicità! L’avevo predetto. Tanto a Lei, quanto a Hertzka e a molti altri. Già, allorché Lei tempo fa me ne suonò alcune parti, avevo percepito l’eccezionale efficacia di quella musica, e da quel momento ho creduto fermamente alla Sua causa. Lei ci ha anche messo un bel po’, a emergere ― quasi quanto me. Ma adesso Lei è in alto, e questo mi rallegra straordinariamente. È un bene, che noi si possa ancora dimostrare che a Vienna ― per quanto sotto altri aspetti la situazione nella nostra città sia miseranda ― almeno nella musica un posto ci spetta. È sempre una consolazione per me, quando mi sdegno contro Vienna, poter pensare: però ci sono un paio di brave persone laggiù. Io La contavo certamente tra queste già da prima che Lei avesse successo; ma mi fa piacere, che adesso lo debbano fare anche gli altri! Quindi: buon proseguimento! Non sono invece molto d’accordo (mi perdoni se m’immischio delle Sue personali questioni pubbliche), riguardo al fatto che Lei abbia accettato il posto all’Accademia! Credo che avrebbe fatto meglio ad aspettare ancora un po’ di tempo, come me. Ma chissà, forse mi sbaglio. Forse va bene anche questo! Ad ogni modo è meglio che lì non ci sia un qualche pallone gonfiato straniero. Non per via degli stranieri, ma solo perché i viennesi tendono a prestare fiducia solo a ciò che viene dall’estero. Già, ma anche il Suo successo viene dall’estero. E questo è – necessario – per Vienna.

Già ancora prima della rappresentazione di Der ferne Klang Schreker si era buttato nella composizione dell’opera successiva, Das Spielwerk und die Prinzessin, una sorta di oscura sacra rappresentazione (il rifacimento, che si intitola Das Spielwerk, porta esplicitamente l’indicazione »Mistero«), che verte su un carillon magico, capace di amplificare oltre misura le emozioni di chi riesce a farlo risuonare. Una Principessa malata, nella quale il risveglio dell’amore operato dal carillon si è trasformato in un’insaziabile brama sensuale, seguita da una profonda depressione nel momento in cui il carillon ha smesso di funzionare, è in attesa di un »redentore«. Un Giovane, col suo semplice flauto e il suo sentimento schietto, salva la Principessa dalla furia della folla durante una sorta di festa orgiastica, e riesce col suo flauto a riportare il carillon e la Principessa alla »purezza«. I due poi scompaiono nell’incendio del castello di lei, appiccato dal geloso ex-amante della Principessa, mentre anche il carillon brucia emettendo una musica purissima. La maggior parte degli elementi di crudo realismo che caratterizzavano Der ferne Klang sono scomparsi, e nel percorso del compositore, in sintonia con le esperienze operistiche più avanzate dell’epoca, si attua una decisa virata verso il Simbolismo, ma con una soluzione molto »fisica« del misticismo di matrice wagneriana, soluzione che mette Schreker per così dire di traverso rispetto al mondo musicale tedesco, avvicinandolo piuttosto all’opera italiana.

Nel frattempo il Coro Filarmonico continuava a mietere consensi. Ottenuta anche una sovvenzione statale, Schreker impartì nei programmi dei concerti una svolta verso la musica contemporanea e le prime assolute, tra cui opere di Zemlinsky, Karl Weigl (1881-1949), Walter Braunfels (1882-1954) e dello stesso Schreker, nonché, il 14 marzo 1912, la prima viennese dell’Ottava Sinfonia di Mahler, diretta da Bruno Walter (1876-1962). Schreker cominciò già dal 1910 a progettare la prima assoluta dei Gurrelieder di Schönberg, al tempo non ancora completati. La cosa incontrò mille ostacoli: l’iniziale mancanza dei fondi necessari, che in un primo momento fece ripiegare Schreker sul più leggero coro a cappella Friede auf Erden, sempre di Schönberg, eseguito nel dicembre 1911, fu poi risolta tramite la fondazione di un comitato di raccolta fondi composto da Schreker, l’allievo di Schönberg Karl Linke (1884-1938), il critico Paul Stefan (1879-1943), e, più sullo sfondo, Alban Berg ed Emil Hertzka. Di mezzo ci si misero però anche le manovre di alcuni intriganti che volevano portare il progetto al fallimento, e non da ultimo il fatto che nella partitura dei Gurrelieder fossero presenti molti errori. Le molteplici difficoltà che Schreker incontrò nell’allestimento sono testimoniate sia dalla concitata corrispondenza che ebbe con Schönberg all’epoca, sia dall’epistolario di Berg, che collaborò attivamente con Schreker, mantenendosi in perpetuo contatto anche con Schönberg. Ma tutte le tensioni si risolsero col trionfo della prima dei Gurrelieder il 23 febbraio 1913, un successo tale da progettarne subito una seconda esecuzione. La ripresa, fissata inizialmente nell’aprile 1913, slittò al 1914 per mancanza di fondi, e non senza responsabilità dello stesso Schreker, almeno secondo Berg, che imputava tale slittamento alla paura di Schreker di mettere troppo vicini l’insuccesso da lui subito con Das Spielwerk und die Prinzessin e il successo di qualcun altro. Nei due concerti tenuti da Schreker col Coro Filarmonico il 27 marzo e il 3 aprile 1914, nei quali furono eseguiti nuovamente i Gurrelieder e l’Ottava, Schreker riportò un trionfo talmente eclatante da fargli guadagnare apprezzamenti esaltati da ogni lato, in special modo da parte degli allievi di Schönberg. Schreker divenne da quel momento per Schönberg un Du-Freund, e Webern si dichiarò quasi senza parole per il sentimento profondo da lui provato ascoltando per la prima volta l’Ottava Sinfonia di Mahler ― cosa che ha un certo rilievo, se si considera l’amore tutto particolare di Webern per questa sinfonia, che egli diresse personalmente più volte.

La prima dell’opera di Schreker Das Spielwerk und die Prinzessin, il 15 marzo 1913, generò invece a Vienna un incredibile scandalo, decisamente paragonabile per virulenza a quello suscitato dai concerti del 1907 in cui erano state eseguite opere di Schönberg, per l’appunto anche lui bollato come »Neutöner«.  Giusto per ricordarlo, i concerti del 5 e dell’8 febbraio 1907 sono passati alla storia: nel primo il Quartetto n. 1 op. 7 di Schönberg era stato commentato da fischi urla e risate, tanto che Mahler aveva rischiato di venire alle mani con uno spettatore, e nel secondo altrettanto violente contestazioni aveva suscitato l’esecuzione della Kammersymphonie n.1. Certo la musica di Schreker appare al confronto molto più accessibile, ma all’epoca pubblico e critica tendevano a fare tutt’uno di tutti i cosiddetti »Neutöner«, da Debussy a Schönberg. Pare però che la baruffa causata da Das Spielwerk und die Prinzessin sia stata considerata addirittura la peggiore dalla prima viennese de Die Meistersinger von Nürnberg nel 1870. Schreker compositore era a questo punto definitivamente circondato da un’atmosfera di scandalo, che lo seguirà fino agli ultimi anni. Nondimeno, proprio quest’opera sfortunata impressionò in maniera particolare sia Karol Szymanowski, che ancora nel 1928 la ricordava come un’esperienza sconvolgente ancora viva e presente davanti agli occhi, sia Paul Bekker, che la considerò sempre come uno dei lavori più significativi di Schreker. Nella recensione di Bekker sul Frankfurter Zeitung del 16 marzo 1913, molto acuta e positiva, il critico tra l’altro osservava:

È naturale che Schreker faccia uso esteso dei mezzi della moderna orchestra coloristica. Egli però la intensifica a modo proprio, facendo in effetti uso di due orchestre indipendenti: l’una davanti alla scena, l’altra dietro, e quest’ultima in particolare utilizzata come tramite per gli accadimenti di natura mistica. Nelle due orchestre dello »Spielwerk« si contrappongono anche due differenti mondi sonori, l’uno che esprime sentimenti umani, portando gli avvenimenti a un livello di pulsante agitazione, l’altro che simbolizza attraverso suoni sottili ed eterei la sfera spirituale di misteriose forze ultraterrene. […] [Schreker] elabora però un organismo formale sonoro, che è strutturato in modo saldissimo e configurato architettonicamente.

Schreker scrisse qualche giorno dopo a Bekker per ringraziarlo, inaugurando un’amicizia durata vent’anni.

Nel frattempo i vari teatri che, sulla scia del successo di Der ferne Klang, avevano programmato rappresentazioni di opere di Schreker, sulla scia dell’insuccesso di Das Spielwerk und die Prinzessin si tirarono indietro uno dopo l’altro, rinunciando a rappresentare anche Der ferne Klang. In più scoppiava la Prima Guerra Mondiale, rendendo generalmente difficile la vita dei teatri e la proposta di nuovi allestimenti, e così la figura di Schreker compositore tornava nell’ombra. Egli mantenne invece un ruolo di primo piano come direttore e insegnante. Da un lato il suo Coro Filarmonico riuscì a fronteggiare le difficoltà economiche causate dalla guerra tramite una sovvenzione del Ministero della Cultura; dall’altro la sua classe di composizione si confermava di anno in anno come la più promettente dell’Accademia.

Schreker partecipava attivamente sia come direttore sia come compositore anche ai concerti dell’Accademia: nel 1916 furono eseguiti nella sua versione per orchestra due Lieder di Hugo Wolf. Sempre in quel periodo compose la Kammersymphonie per un concerto destinato alla raccolta di fondi per sostenere le vicissitudini della guerra.


*

Das Ideal bleibt uns allen versagt, weil diese Welt es nur in Träumen birgt. Ihm jagen wir nach und glauben es zu halten, im Tages – und erst recht im Rampenlicht zerstiebt es allzu leicht.

L’Ideale resta a noi tutti negato, poiché questo mondo lo custodisce solo nei sogni. Lo inseguiamo e crediamo di afferrarlo, ma esso si sbriciola appena sfiorato dalla luce del giorno, e ancor di più da quella della ribalta.

(Schreker a Bekker, 20 maggio 1918)

Gli anni della guerra furono per Schreker i più produttivi della sua vita: nel giugno 1915 terminò la composizione della sua quarta opera, Die Gezeichneten. Schreker narra che, dopo aver cominciato a buttarne giù il libretto su incarico di Zemlinsky, che gli aveva richiesto di scrivere »la tragedia dell’uomo brutto«, gli era diventato inconcepibile che qualcun altro dovesse scriverne la musica, tanto che si era risolto a chiedere a Zemlinsky di lasciargli il libretto. Schreker dapprima offrì in cambio all’amico un altro libretto, Der Rote Tod, tratto liberamente dal racconto di Edgar Allan Poe (1809-1849), libretto che però Zemlinsky non musicò. Qualche anno dopo fu Zemlinsky a proporre a Schreker di preparargli un libretto dal dramma del 1906 Und Pippa tantzt! di Gerhard Hauptmann (1862-1946), senza però riuscire ad accendere il suo interesse. Alla fine fu Zemlinsky stesso a scriversi il libretto della »tragedia dell’uomo brutto«, ovvero quello dell’opera Das Zwerg, basata su The Birthday of the Infanta di Wilde ― soggetto che ha dei tratti in comune con quello di Die Gezeichneten.

Ambientata nella Genova del Rinascimento, l’opera Die Gezeichneten ha come soggetto la tragedia di tre personaggi in qualche modo »segnati« dal destino: un nobile genovese, Alviano Salvago, bruttissimo ma spasmodicamente amante del bello, collezionista d’arte e artista egli stesso; un suo amico, Vitellozzo Tamare, anch’egli nobile, sorta di playboy rinascimentale, che non esita a organizzare festini in una grotta segreta con un gruppo di altri nobili, con la partecipazione non volontaria delle più belle ragazze (borghesi e popolane) di Genova; e, contesa dai due, la figlia del Podestà di Genova, Carlotta Nardi, pittrice »di anime« dagli atteggiamenti decisamente anticonvenzionali, ma malata di cuore e a rischio di vita sotto l’impatto di una qualsiasi grande emozione. Carlotta prima dichiarerà il suo amore ad Alviano, soggetto ideale per un suo ritratto, ma poi si concederà a Vitellozzo. L’esito finale della storia sarà la morte per due personaggi (Carlotta e Vitellozzo) e la pazzia per il terzo. Il tema della duplicità dell’amore e, in questo caso, della bellezza, è al centro dell’opera, sommato a una tensione sociale (borghesia contro aristocrazia) il cui impatto per i tempi non va sottovalutato.

Sempre nell’estate 1915 Schreker scrisse il libretto di una nuova opera, Der Schatzgräber; tra il 1915 e il 1916 approntò una nuova versione in un atto di Das Spielwerk und die Prinzessin semplificandone il titolo in Das Spielwerk; e, sempre in quel periodo, ispirato agli eventi della guerra, scrisse il libretto per un’altra opera, Die tönenden Sphären, la cui composizione però fu abortita poco dopo l’inizio. Nel 1916 Schreker si risolse a mettere in musica Der Schatzgräber, completandone la partitura nel novembre 1918. E tutto questo senza prospettive immediate di rappresentazioni.

Si può capire come, interamente assorbito da progetti operistici, l’interesse del compositore per il Lied in questi anni tendesse a scemare, riemergendo semmai collegato alla scena operistica, come particolare momento drammaturgico. Uno dei Lieder più popolari di Schreker, il  Wiegenlied der Els, proviene appunto da Der Schatzgräber. La composizione di Lieder isolati sembra invece legarsi a limitate occasioni in cui un’ispirazione momentanea, sorta da un incontro con un testo poetico, trova come sua unica via di espressione il Lied. E così, se si eccettua il Lied su testo di Stefan George, Entführung, che potrebbe risalire anche al 1909 ed essere così contemporaneo dei Fünf Gesänge, i Lieder isolati composti tra il 1910 e il 1920 sono solo due: Das feurige Männlein nel 1915, chiaramente ispirato dalla guerra, la quale, come l’omino malvagio del Lied, incendia tutto il mondo; e »Und wie mag die Liebe…« nel 1920, su una poesia di Rilke già musicata nel 1904 anche da Berg.

La possibilità di mettere in scena Die Gezeichneten fu presa in considerazione da diversi teatri tedeschi tra il 1916 e il 1917, ma si concretizzò solo nel 1918 a Francoforte sul Meno, a seguito del grande successo ottenuto l’anno precedente a Dresda da una nuova produzione di Der Ferne Klang. La prima ebbe luogo il 25 aprile 1918, ed ebbe un impatto fortissimo. E se l’enorme orchestra di Die Gezeichneten viene impiegata da Schreker con grande virtuosismo, producendo quel suono indefinito, ondeggiante e non-tonale che tanto impressionò alcuni critici, il successo dell’opera è dovuto anche a fattori più imponderabili. Adorno, che assistette quattordicenne alla prima, dice nel suo saggio su Schreker: »talvolta le dicerie, che un’opera d’arte irradia intorno a sé, le si avvicinano di più di un’analisi precisa«. E così l’atmosfera di modernità, di eccesso e scandalo che circondava Die Gezeichneten, le voci riguardo a un incredibile numero di prove, a una musica in qualche modo incommensurabile, ondeggiante, gigantesca, così come la fama che Schreker si era in qualche modo già procurato di compositore di opere eccessive ed »erotiche«, fecero sì che il pubblico accogliesse quest’opera come il segno deciso di una modernità che trovava compimento, e che Die Gezeichneten divenisse in qualche modo l’opera che tutti aspettavano da anni. (Mi tocca purtroppo aggiungere come nota a margine che, nonostante questo dato storico, ci tocca ancora oggi sentire in Italia critici e commentatori che, come nel caso della trasmissione radiofonica di Die Gezeichneten dal festival di Salisburgo nel 2005, affermano, un po’ a casaccio, che »non si tratta certamente di un’opera d’avanguardia, se si pensa all’epoca in cui è stata composta«. Costoro non hanno evidentemente alcuna idea della reale situazione storica in cui Schreker si muoveva – e tralascio per pietà la valanga di dati biografici errati citati dai vari corrispondenti Rai; dimenticano del tutto che l’opera più eseguita in quegli anni era Der Rosenkavalier; che di Schönberg si conoscevano a malapena i Gurrelieder, e solamente grazie a Schreker; che solo pochi eletti avevano idea di cosa stessero scrivendo Berg e Webern; che le contemporanee composizioni di Zemlinsky non adottano per niente un linguaggio più avanzato; che Puccini aveva composto da poco La fanciulla del West – opera che gli stessi critici non si peritano di ritenere, chissà perché, d’avanguardia; che le opere di Korngold, riguardo alle quali nessuno si preoccupa se siano d’avanguardia o meno, sono quasi tutte successive a questa. Bisogna veramente rendersi conto che i compositori della Seconda Scuola di Vienna, in quel contesto, rappresentano più l’eccezione che la regola, senza lasciarsi traviare troppo dal quadro storico fortemente ideologizzato tracciato da Adorno.

L’eco che Die Gezeichneten produsse in Germania destò l’attenzione del mondo della critica attorno alla figura del compositore, e in particolare Paul Bekker, che fin da Der ferne Klang seguiva l’evoluzione compositiva di Schreker, si sentì in dovere di scrivere un piccolo saggio dal titolo Franz Schreker: Studie zur Kritik der modernen Oper, pubblicato alla fine del 1918. Il saggio, causa per Schreker di fortune e disgrazie, riproponeva l’annosa questione dell’opera tedesca dopo Wagner, e avanzava in breve l’ipotesi che per la prima volta nella musica di Schreker si ritrovassero quella stessa completezza, quello stesso nascere del dramma dalla musica e quella stessa trasformazione di idee musicali in forme sceniche, che erano proprie dell’opera di Wagner. Bekker scrisse anzi esplicitamente:

La domanda più importante era soprattutto se un talento la cui natura fosse simile a quella di Wagner potesse tornare ancora una volta, se esso non fosse apparso solo quell’unica volta. Questa domanda ha trovato adesso risposta: Franz Schreker è un tale talento […]

Schreker veniva ufficialmente battezzato come possibile successore di Wagner, e il »caso Schreker« era aperto. Schreker, carattere tutt’altro che schivo e riservato, pur conscio del pericolo di un paragone con Wagner, tanto da esclamare all’indomani del saggio di Bekker: »Adesso avrò la muta dietro!«, non fece molto per sottrarvisi , e stabilì anzi uno stretto rapporto con Bekker, consigliandosi spesso con lui e sottoponendogli tutti i suoi nuovi progetti.

Nel suo scritto Bekker pone particolare attenzione al percorso musicale di Schreker, definito come »un processo evolutivo di elementare necessità«. L’attenzione si focalizza quindi su quella che sarebbe dovuta essere la tappa successiva del percorso, un’opera che sciogliesse tutto ciò che nelle opere precedenti era ancora poco chiaro, ritrovando infine una via moderna per il teatro musicale tedesco. E quest’opera, ancora sconosciuta a Bekker, esisteva già: Der Schatzgräber.

*

Sie sang mit leiser, rührender Stimme alte deutsche Volkslieder, vergessene Balladen. Es kam eine seltsame Stimmung über uns alle. Ich selbst blickte durch Tränen wie durch Kristall […] In dieser Stunde ward mir die ganze Handlung meiner Oper Der Schatzgräber.

La ragazza cantava con voce dolce e commovente antichi canti popolari tedeschi, ballate dimenticate. Uno strano stato d’animo discese su tutti noi. Io stesso guardavo tra le lacrime come attraverso il cristallo […] In quest’ora mi sorse tutta la storia della mia opera Der Schatzgräber.

(F. Schreker: Über die Entstehung meiner Opernbücher)

Se, come disse lo stesso Schreker, Die Gezeichneten, con la loro ambientazione italiana e il loro »internazionalismo«, presagivano in qualche modo il soccombere della civiltà tedesca, come stava tragicamente accadendo nella Prima Guerra Mondiale, il germe dell’opera successiva, Der Schatzgräber, è nella ridiscesa verso il cuore antico e popolare di quella cultura, vista ormai a distanza, come attraverso un velo, come una fiaba. L’azione vagamente surreale e illogica dell’opera, l’ambientazione in un medioevo fantastico e astorico, la trasparenza del suono orchestrale e la leggerezza delle melodie, che conservano in grandissima parte un che di ingenuo e quasi infantile anche nei momenti più terribili creando una sorta di allure di Volkslied, ma sempre sul punto di rompersi, stesa sull’intera partitura, formano una frizione con la realtà, tanto quella di sofferenza e miseria che si affaccia ai margini della vicenda raccontata nell’opera, quanto quella tragica in cui viveva lo spettatore del tempo. L’aver saputo interpretare con tale intensità e profondità il sentimento popolare dell’epoca spiega probabilmente sia l’incredibile successo che quest’opera ebbe per tutti gli anni Venti, sia le difficoltà che l’ascoltatore di oggi può avere a trovarne la chiave.

Der Schatzgräber ebbe il suo battesimo a Francoforte sul Meno il 21 gennaio 1920 sotto la bacchetta di Rottenberg e suscitò entusiasmi da ogni parte, dilagando in breve tempo per tutta la Germania e l’Austria come un’epidemia. La recensione di Bekker apparsa sul Frankfurter Zeitung può dare un’idea più precisa sia di quello che Der Schatzgräber rappresentò in quell’epoca:

La via che, allontanandosi dalla concezione del dramma musicale come »forma di culto« in senso wagneriano, torna indietro verso l’»opera« con la sua ebbrezza musicale e la sua e gioia solare, con tutte le sue inverosimiglianze illogiche, il gioco fantastico delle vicende, l’allegria del cambio colorato delle scene […]  ― è stata trovata. […] Può sembrare eccessivo e pericoloso affermare una cosa simile, eppure deve essere detto: il lavoro di Franz Schreker, con lo Schatzgräber come vetta provvisoria […] segna […] una svolta nella storia dell’opera tedesca […] un lavoro libero da epigonismi, che, nonostante tutti gli evidenti prestiti dal divenuto storico e i chiari riferimenti ai lavori della nostra epoca, è comunque indipendente, cresciuto per conto suo, nuovo. Sono opere del nostro tempo e non vogliamo evitare per un eccesso d’ansia il rischio di riconoscerci già da oggi in esse senza riserve, di dire che, al di là dell’incontestabile effetto presente, esse portano in sé la più forte promessa del futuro che finora ci sia risuonata dalle scene.

Quando col clamore suscitato dall’incredibile successo ottenuto con Der Schatzgräber si aprirono a Schreker le porte per il posto di Direttore della Akademische Hochschule für Musik di Berlino, egli accettò.

*

In Wien große Bestürzung – nun will man mir alles geben und mehr als ich je erwarten durfte – doch ich gehe nach Berlin und will es versuchen – solang es mich eben freut und morgen beginne ich (wenn’s sein will) die Irrelohe-Composition.

A Vienna grande sgomento ― adesso mi vogliono dare tutto e anche di più di quanto potessi mai aspettarmi ― ma vado a Berlino e voglio provare quest’esperienza ― fintantoché mi ci trovo bene e domani comincerò (se Dio vuole) la composizione di Irrelohe.

(Schreker a Bekker, 25 marzo 1920)

Pochi cambiamenti potevano essere più radicali di quello dalla Vienna monarchica, in cui Schreker era cresciuto ed era riuscito ad affermarsi, alla Berlino repubblicana e in pieno fermento del primo dopoguerra. Egli si gettò a capofitto nel nuovo clima e cominciò ad apportare una ventata di novità e cambiamenti. Nel giro di poco tempo, reclutando una schiera di nuovi insegnanti e creando nuovi dipartimenti, trasformò la Musikhochschule da luogo di conservazione della tradizione a laboratorio attivo della musica moderna. Anche l’insegnamento della composizione segnò da subito una svolta radicale verso la modernità, e la classe di Schreker, composta inizialmente da molti dei suoi studenti viennesi che lo avevano seguito a Berlino ― tra cui Alois Hába (1893-1973), Karol Rathaus (1895-1954), Jascha Horenstein (1898-1973) ed Ernst Křenek ― divenne immediatamente un vessillo dei nuovi tempi.

Il coinvolgimento intenso di Schreker negli eventi storici che caratterizzarono la società e la cultura tedesca nel periodo tra le due guerre, sia attraverso il successo di Der Schatzgräber, l’opera nuova più rappresentata in Germania tra il 1920 e il 1930, sia attraverso la sua attività come Direttore della Musikhochschule di Berlino, ne fecero in qualche modo un artista legato alla Repubblica di Weimar. Schreker, mai particolarmente interessato a faccende politiche, si ritrovò suo malgrado etichettato come »artista di sinistra« e coinvolto in una serie di giochi politici, che finirono molti anni più tardi con lo stritolarlo, sia come uomo sia come artista. Ma già nel 1921, soggetto a una serie di attacchi e pressioni di natura politica, egli si trovava a descrivere in modo satirico, in Zwiespältiges. Aus meinem Leben, il modo in cui la nomina a direttore della Musikhochschule di Berlino da parte del governo socialista della Repubblica di Weimar l’aveva compromesso del tutto, di modo che nell’opinione di certi critici all’improvviso egli era divenuto “un ebreo dal cognome cèco”, “privo di talento ma astuto”, e “sostenuto da una pubblicità vergognosa”.

Di particolare importanza, per una definitiva affermazione del compositore nella capitale prussiana, erano le produzioni programmate a Berlino di Die Gezeichneten e Der Schatzgräber. E se la prima opera, rappresentata nel gennaio 1921, produsse impressioni molto diversificate, senza arrivare a convincere completamente né pubblico né critica, la rappresentazione di Der Schatzgräber nell’aprile 1922 fu un trionfo senza proporzioni, e una delle vette artistiche della storia della Staatsoper di Berlino.

*

Ich habe nie unter günstigen Umständen komponiert, gearbeitet. Ich habe als Knabe schon, wie mein Lehrer sagte, auf der Straßenbahn komponiert.

Non ho mai composto, lavorato in condizioni favorevoli. Già da ragazzo componevo sul tram, come diceva il mio insegnante.

(Schreker a Bekker, 15 novembre 1921)

Molti altri fermenti si muovevano nella Berlino del tempo, scossa da forti turbolenze sia politiche sia culturali, e in campo musicale accadeva che soprattutto i musicisti più giovani fossero presi dalla smania del nuovo, della sperimentazione forsennata e a tutti i costi ― e tra i capofila di questa schiera si trovavano proprio due degli allievi più promettenti di Schreker, Hába e Křenek. Per questi giovani il Maestro non era affatto un rappresentante della nuova musica, ma piuttosto un compositore superato e inattuale.

Già subito dopo aver completato Der Schatzgräber Schreker si era messo al lavoro su una nuova opera, Memnon, completandone il libretto nel luglio 1919. Appena dieci giorni dopo era però al lavoro su un secondo soggetto, Irrelohe, risolvendosi infine a comporre quest’ultimo. L’ispirazione gli era venuta in modo del tutto particolare, dal nome fantastico di una stazione, »Irr’loh«, che gli era parso di udire annunciare nel dormiveglia in una sosta notturna di un treno su cui viaggiava ― probabilmente un minuscolo sobborgo di Schwandorf, in Baviera, il cui nome reale è Irrenlohe. Schreker cominciò a fantasticare sul suono e sul significato di quel nome (all’incirca »vampa folle«), e ne creò un intero dramma. La modernità e l’unità dell’opera erano garantite dalla nascita comune di dramma e musica da un unico suono, e si combinavano con un potente dispiegamento dell’orchestra da un lato e con l’adozione di un linguaggio in parte liberamente atonale dall’altro.

Completata la partitura nel 1922, l’opera fu rappresentata a Berlino nel 1924 sotto la direzione di Otto Klemperer (1885-1973), ottenendo un buon successo, ma non paragonabile a quello delle opere precedenti, e lasciando irrisolto il »caso Schreker«. Sostanzialmente col suo nuovo lavoro il compositore non si confermava né come rappresentante della »nuova musica« né come compositore di gran presa sul pubblico, ma si poneva in un certo senso al crocevia di tutte le tendenze. L’opera stentò molto a farsi apprezzare, e finì col non entrare mai stabilmente in repertorio, inaugurando di fatto la via discendente del successo di Schreker, tanto che Adorno paragona il volgersi del favore del pubblico contro il compositore dopo la prima di Irrelohe al declino delle stelle del cinema, prima idolatrate e poi disprezzate.

Le tensioni e apprensioni legate al lavoro su Irrelohe, assieme alla quantità di viaggi e impegni da affrontare per curare e sponsorizzare rappresentazioni dei suoi lavori un po’ in tutta la Germania e agli entusiasmi per la quantità di cambiamenti che si erano operati tutto d’un colpo nella sua vita, spinsero forse Schreker a ritagliarsi una piccola pausa nell’incessante produzione operistica ― pausa nella quale egli dapprima si dedicò a un nuovo arrangiamento di lavori precedenti, come Der Geburtstag der Infantin, del quale approntò una suite per grande orchestra, e i Fünf Gesänge del 1909, riproposti in versione orchestrale. Da notare, a riprova dello scambio sempre più stretto tra Lieder e opere, che la formazione orchestrale utilizzata per i Fünf Gesänge, e che Schreker definisce »grande orchestra«, è quasi la stessa dell’»orchestra ridotta« che verrà impiegata in Christophorus, oder »Die Vision einer Oper«, ma utilizzata in modo non troppo dissimile dall’orchestra di Der Schatzgräber, del quale questi Lieder sembrano essere un ultimo distillato sonoro: quasi che Schreker avesse già in mente un’orchestra diversa, ma non ne avesse ancora trovato il »suono«. Subito dopo egli tornò per l’ultima volta ai Lieder con pianoforte e compose tra la fine del 1923 e l’aprile 1924 gli Zwei lyrische Gesänge su testi tratti da Leaves of Grass (1855) di Walt Whitman (1819-1892). Considerando l’eco straordinaria che le poesie di Whitman, giusto allora tradotte in tedesco, avevano suscitato nella nuova Germania repubblicana, bisogna dire che l’incontro di Schreker con esse non ha più evidentemente solo quel carattere occasionale dei Lieder composti tra il 1910 e il 1920. Primo in Germania a musicare testi di Whitman, prima ancora di compositori più giovani come Hindemith e Karl Amadeus Hartmann (1905-1963), Schreker li fa completamente suoi attraverso l’interpretazione musicale, mostrando come la sua musica fosse, e non solo da quel momento, espressione completa di quei contenuti poetici e lirici sentiti ormai da tutti come estremamente attuali. Tutto questo rappresenta la risposta, forse intenzionale, alla questione sull’attualità e sulla modernità della musica di Schreker ― la risposta che Irrelohe non aveva saputo dare. Ma l’interesse per il Lied non poteva più, per Schreker, essere scisso da quello per l’opera, e questa sorta di bagno rinnovatore nelle poesie di Whitman riportò immediatamente il compositore, in un certo senso prima ancora di aver effettivamente terminato il lavoro, a esprimersi col mezzo drammaturgico. Schreker difatti riprese a lavorare sul Memnon, consapevole di essersi molto avvicinato a quel suono utopistico e fantastico che sognava per quest’opera, ma ricevette un parere negativo da Bekker, che lo mise in guardia anche dai parallelismi con Der ferne Klang e Aida. Pur senza abbandonare completamente il Memnon, Schreker si mise alla ricerca di nuovi soggetti. Nel luglio 1924 annunciava alla Universal Edition di aver cominciato a lavorare su un nuovo libretto, Die Orgel oder Lilians Verklärung, mentre nell’agosto 1925 dichiarava di aver cominciato a lavorare su una leggenda moderna, Christophorus, con un’orchestra molto ristretta e senza coro.

Hertzka manifestò una certa apprensione nei confronti del Christophorus: se difatti la Universal non aveva lesinato spese per il lancio di Irrelohe, senza però averne un concreto ritorno, il direttore temeva che la nuova opera, che si presentava come un modo personalissimo di Schreker di rispondere alla moda dilagante della cosiddetta »Zeitoper«, non priva di riferimenti più o meno espliciti a personaggi e situazioni reali, non presentasse molte garanzie di un grande successo di pubblico, e faceva pressioni per qualcosa di meno “pericoloso”, in grado di smentire coloro che sostenevano che Schreker, raggiunto il suo picco con Der Schatzgräber, si trovasse ora su una china discendente. La Zeitoper cui si accenna sopra sarebbe una specie di »opera d’attualità«, ovvero un’opera a soggetto contemporaneo con tanto di messa in bella mostra di tecnologie e mode dell’»era della macchina«, sia con intento satirico sia come ricerca di nuovi valori »deromanticizzati«. L’opera che sostanzialmente inaugurò questo pseudo-genere è Intermezzo (1923) di Strauss, ispirato a un incidente realmente accaduto al compositore; tra gli esempi più rappresentativi si possono citare Neues vom Tages (1929) di Hindemith, quasi tutte le opere di Weill, ma soprattutto Royal Palace (1927) e Der Zar läßt sich photographieren (1928), e poi i due pilastri del genere: Jonny spielt auf di Křenek (1927) e Maschinist Hopkins (1929) di Max Brand (1896-1980). Anche Schönberg si mise in relazione più o meno polemica con quella moda nel suo Von Heute auf Morgen (1929), il cui soggetto tra l’altro pare traesse spunto dalle vicende matrimoniali di Schreker, e non pochi echi di quel mondo compaiono ancora nella Lulu (1935) di Berg.

Nel frattempo la posizione di prestigio che Schreker aveva acquisito presso la Universal Edition con i precedenti successi si trovava a essere erosa dalla visibilità sempre maggiore acquisita da altri compositori come Berg, Janácek, Křenek e Weill. Al contempo la critica musicale berlinese si faceva sempre più ostile nei confronti di Schreker: in particolare nel 1926 avvenne il primo tentativo da parte della critica di cancellarlo dalla storia, sia ad opera di Paul Stefan, col quale Schreker già aveva avuto dei dissapori, e che nell’articolo Vor fünfundzwanzig Jahren: Musik um die Jahrhundertwende, in cui ripercorreva le tappe più importanti della musica degli ultimi 25 anni, aveva omesso qualsiasi riferimento a Schreker; sia da parte di Adolf Weissmann, per Schreker una sorta di »Hanslick« al contrario, nel senso che se il celebre nemico di Wagner era uno strenuo fautore della tradizione, Weissmann era al contrario uno strenuo propugnatore delle mode moderne. Soprattutto nel suo saggio Die Entgötterung der Musik (1927) egli predicava l’avvento di una nuova musica deromanticizzata e demistificata, scagliandosi tanto contro l’ideale “lontano” romantico, ormai del tutto emerso alla luce secondo lui con la psicologia e la psicoanalisi, sia contro l’elemento erotico, secondo lui ridicolo dopo la rivoluzione sessuale – precisamente due degli elementi basilari della drammaturgia musicale di Schreker. Come Wagner con Hanslick, anche Schreker si prese la sua rivincita musicale, facendo a pezzi il suo nemico nella figura del critico Starkmann nel Christophorus.


*

Andere finden, ich hätte in dem Singenden Teufel viel und Gutes gewollt, aber ich könne das nicht. Sie irren. Ich kann, was ich will, aber sie verstehen es nicht.

Altri trovano che io avessi molte buone intenzioni nel Singende Teufel, ma non abbia potuto attuarle. Si sbagliano. Io posso, ciò che voglio, ma loro non lo capiscono.

(Schreker a Bekker, 29 gennaio 1929)

Nel gennaio 1927, dopo essersi consultato con Bekker, Schreker si risolse ad abbandonare momentaneamente il lavoro sul Christophorus per dedicarsi completamente all’altro progetto, Die Orgel. Ma di nuovo egli si ritagliò prima una breve pausa riflessiva, tornando sugli Zwei lyrische Gesänge, dei quali approntò una versione orchestrale con il nuovo titolo Vom ewigen Leben. In questo caso, mentre la sonorità cameristica e iridescente dell’orchestra sembra uscire direttamente dal Christophorus, la formazione orchestrale, in realtà tutt’altro che ridotta, e il modo in cui l’orchestra sembra costruirsi e nascere interamente dalla voce, anticipano la soluzione orchestrale che Schreker adotterà per l’opera che si accingeva a comporre. Al tempo stesso, così come il non ancora terminato Christophorus (di cui mancava sostanzialmente solo l’Epilogo), era definito dallo stesso Schreker un’opera »non in senso tradizionale«, allo stesso modo Vom ewigen Leben non è più un Lied in senso stretto. C’è un doppio movimento che passa continuamente dal Lied all’opera teatrale: il compositore interrompe momentaneamente il lavoro drammaturgico e sembra quasi trasferire nel Lied ciò che ha appena sperimentato nell’opera, ma, subito dopo essersi nuovamente immerso nel rapporto immediato tra suono e parola che è proprio del Lied, trova nuove soluzioni musicali, che lo riportano immediatamente a esprimersi attraverso l’opera teatrale. Non che, wagnerianamente, il Lied appaia come un frammento di qualcosa di più grande, che trova la sua piena espressione nelle opere teatrali; piuttosto i due generi appaiono in Schreker come espressioni diverse, e in quest’ultimo caso persino complementari, dello stesso pensiero musicale.

La nuova opera, col nuovo titolo Der singende Teufel, fu completata a tempo di record nel febbraio 1928. Come Schreker stesso scrive in una lettera a Bekker: »tutto è basato sulla voce«. Ancora, in un’altra lettera: »Credo di aver, per la prima volta, realmente dominato il materiale«. La svolta operata da Schreker in Der singende Teufel è, in effetti, radicale: la famosa orchestra iridescente che lo aveva reso celebre è completamente prosciugata, anzi, l’intera orchestra nasce dalla voce, che è il centro reale della composizione. Coerentemente, il linguaggio misto di atonalità e libera tonalità che ancora caratterizzava Irrelohe subisce, qui come nel Christophorus, una svolta verso una modalità scabra, mentre la ricerca di Schreker tende a trasformare tutto il materiale in materiale melodico, sviluppando un’idea di strutturazione polimelodica del materiale che era già presente in nuce fin da Der ferne Klang, e allo stesso tempo risalendo con determinazione alle origini prime del suo teatro musicale, ovvero al canto, che dominava incontrastato già la prima opera teatrale, Flammen.

Sentendosi liberato da un grosso peso, e avendo ripreso fiducia nel proprio lavoro, Schreker riprese la composizione del Christophorus, che terminò nel 1929. Ma sull’esito della prima di Der singende Teufel, programmata per il dicembre 1928 con la direzione di Erich Kleiber (1890-1956), si addensavano presagi funesti: già l’anno prima, l’opera di Korngold Das Wunder der Heliane aveva registrato a Vienna un clamoroso insuccesso; nel 1928 Die aegypthische Helena di Strauss aveva subito un destino molto simile; mentre allo stesso tempo la musica di Weill stava per ottenere la sua consacrazione col clamoroso successo della Dreigroschenoper. I maestri della vecchia scuola affondavano uno dopo l’altro, e a Schreker era riservato un destino simile, anche se grottescamente per motivi in parte opposti: se da un lato la risposta fredda di pubblico e critica a quest’opera fu dovuta forse al soggetto ritenuto inattuale, con le sue lotte tra monaci e pagani in un oscuro medioevo quasi precristiano, dall’altro furono proprio le rivoluzioni nello stile musicale di Schreker a suscitare perplessità e incomprensione (il solito Adolf Weissmann parlò addirittura di »autocastrazione«). Schreker, senza rendersi conto di essere ottimista, disse che Der singende Teufel era venuto dieci anni troppo presto.

*

Ich möchte gerne Radiointendant in Texas werden.

Mi piacerebbe diventare direttore di una radio in Texas.

(Schreker a Schönberg, 13 febbraio 1929)

Proprio nel 1928 l’interesse da tempo attivo di Schreker per le nuove tecnologie, la radio e il cinema, giunse ad avere risvolti, se si può dir così, pratici: ricevuta una commissione per un pezzo concepito appositamente per la radio, compose la Kleine Suite per piccola orchestra, che venne trasmessa il 17 gennaio 1929, mentre sempre in quel mese, grazie al frequente uso di arrangiamenti di pezzi tratti dalle sue opere come colonna sonora dei film dell’epoca, divenne membro della Gesellschaft der Film-Musik-Autoren. Ancora nel gennaio 1929 ricevette dalla Deutsche Gesellschaft für Ton und Bild l’incarico di contattare Schönberg e Strauss per istituire una sorta di collaborazione artistica, ma il diniego di Strauss e lo scetticismo di Schönberg nei confronti del progetto indussero Schreker ad ammettere che forse si trattava di una perdita di tempo. Nell’autunno del 1929 sia Schreker sia Schönberg ricevettero dall’editore Heinrichshofen una commissione per scrivere musica per film, commissione all’origine rispettivamente dei Vier kleine Stücke per orchestra di Schreker e della Begleitmusik zu einer Lichtspielszene op. 34 di Schönberg.

Nel 1932, in tempi ben più duri per ambedue, Schreker, visore artistico presso la Comedia-Tonfilm GmbH, invitò Schönberg a una collaborazione, sempre nell’intento di portare avanti il progetto di dare luogo a una musica per film di qualità artistica. Schönberg si dimostrò molto interessato, ma la cosa non giunse a realizzazioni concrete, e in seguito Schreker non ricevette neanche un marco del compenso pattuito per la sua collaborazione alla realizzazione di diversi film nella serie Das Weltkonzert.

*

Ich habe eine Oper Christophorus geschrieben, mit der ich gewisse Schwierigkeiten habe, sie bei einer Bühne anzubringen, warum weiß ich nicht. Das Werk scheint jedoch auf die Leute irgendwie problematisch zu wirken.

Ho scritto un’opera, Christophorus, che ho una certa  difficoltà a far mettere in scena, ma non so perché. Il lavoro però sembra produrre effetti problematici sulla gente.

(Schreker a Schönberg, 26 marzo 1932)

Terminata la composizione di Christophorus, oder »Die Vision einer Oper« nel 1929, Schreker incontrò non poche difficoltà con la Universal, che continuava a ritenere che investire su quell’opera fosse un azzardo, mentre invitava Schreker ad attendere qualche anno, scrivendo nel frattempo qualcosa di meno strano e più adatto ai gusti del pubblico: un successo era necessario. Schreker aveva in realtà già cominciato a lavorare su una nuova opera, Der Schmied von Gent, tratto dal racconto Smetse Smee di Charles De Coster (1827-1879), ma non volle abbandonare il Christophorus, e nel 1931 riuscì a farlo pubblicare dall’editore Adler, dedicando l’opera a Schönberg ― cosa che quest’ultimo apprezzò in maniera particolare. La prima dell’opera, programmata alla fine del 1931 a Wiesbaden, dove Bekker era sovrintendente, saltò per motivi pratici. Schreker cercò allora di suscitare interesse attorno alla sua opera, contattando all’inizio del 1932 anche Joseph Marx (1882-1964), che era critico musicale a Vienna. Proprio in quell’anno l’opera venne programmata contemporaneamente a Krefeld e a Friburgo, e, su richiesta di Marx, Schreker ne scrisse un’introduzione, che è anche una sintesi di tutto il suo credo operistico:

Ciò che state per vedere e sentire – non è un’opera nel senso antico del termine. Una via di mezzo tra spettacolo teatrale, melodramma e opera, è la visione creativa di un giovane artista principiante, che ha sviluppato un carattere leggermente degenerato e debole, ma che è molto dotato, uno studente di musica, il quale, figlio di questo tempo, o, se volete, del tempo antecedente alla guerra, ha una grande brama della pura forza fisica, brutale. Anche in senso artistico, s’intende.

Vedrete e sentirete […] come il conflitto di differenti mondi musicali trova luogo accanto al dramma. La moda dell’altrieri, la sinfonia del classicismo (imitazione del vero »classico«) scritta dal mediamente dotato Christoph; la musica sofferta che esprime la tragedia di una donna che, artisticamente dotata, si ribella al miracolo del concepimento corporeo, e l’episodio della danza artistica, ambedue frutti della virata in ambito psicologico della musica tra Wagner e oggi; la moda della musica jazz, e infine le melodie in stile di canto popolare del bambino, che portano alla redenzione attraverso la musica assoluta.

E già sento i miei critici dire: “Ma allora, stimatissimo, per quale ragione Lei scrive ancora proprio un’opera?” […] È mia convinzione che anche allo stesso genere artistico dell’opera la salvezza possa venire da un ricorrere alla sua modalità originaria: musica formalmente ben riuscita, valutabile anche in senso assoluto, da legare alle esigenze del vero »teatro« nel senso dello spettacolo degli italiani, una forma d’arte che purtroppo, a causa dell’eccessivo approfondimento del genere, si è guadagnata cattiva fama. Io trovo oggi che il leggiadro, giocoso, lirico, in una parola il dionisiaco nella musica abbia il più grande, liberatorio e profondo effetto sugli uomini, al contrario dell’eterno ostentare in modo eccessivamente spaccone affinamento, serietà educativa. Noi pensiamo troppo, e specialmente nell’opera tutto il pensare è di danno. Ci si abbandoni a un’impressione, in qualsiasi tempo e in qualsiasi modo essa trovi la via dalla scena verso di noi.

Parole ancor oggi tutt’altro che inattuali.

L’opera però non giunse alla prima a Krefeld e fu rimandata all’anno seguente a Friburgo, probabilmente a causa della coincidenza con la prima di Der Schmied von Gent. Ma nel 1933 pressioni politiche naziste ne impedirono l’esecuzione anche a Friburgo. Christophorus è stato rappresentato per la prima volta nel 1978.

*

Also zurück nach dem Hitler-Berlin!

Dunque si torna a Hitler-Berlino!

(Lettera di Schreker a Schönberg, 18 settembre 1930)

Molte cose erano accadute nel frattempo, amareggiando l’animo di Schreker e spingendolo sempre più alla depressione. Il nuovo clima politico, con la prima affermazione del Partito Nazista nelle elezioni municipali del 1929 e il crescente antisemitismo, porgevano il destro agli oppositori di Schreker di attaccarlo fin dentro la Hochschule, minando la sua posizione. Anche la salute di Schreker, già cagionevole fin dall’infanzia, ne uscì minata, tanto che egli si prese in novembre una vacanza a Estoril, in Portogallo, per curare la sua asma. Fu in questo clima di nervosismo e crisi direi non solo personale ma generale che egli compose la sua ultima opera, un’opera comica: Der Schmied von Gent. E se, dal punto di vista del linguaggio musicale, quest’opera, che si costruisce praticamente per intero su un’unica semplicissima melodia continuamente variata e si struttura in forme chiuse come Fughe, Passacaglie, Lieder e danze, rappresenta in tutti i sensi un punto estremo nel percorso di Schreker, svincolato ormai del tutto da qualsiasi residuo wagneriano, essa si distingue anche per il fatto di essere la più autobiografica tra le opere di Schreker. Il protagonista è Smee, un fabbro di successo, che per motivi politici si trova d’improvviso di fronte alla miseria alla fame, e che spinto dalla disperazione fa un patto col diavolo. Dopo sette anni, quando il diavolo torna a richiedere la sua anima, Smee riesce a giocarlo con l’astuzia e con l’aiuto di San Giuseppe, giungendo persino a prenderlo a bastonate ― ma la sua vita terrena è ormai finita. Nell’oltretomba Smee, cacciato da Inferno e Paradiso, si accampa in attesa alle porte del Paradiso, e solo alla fine, con l’intercessione di San Giuseppe, gli è permesso di entrare. Se violente lotte politiche facevano già da sfondo alla storia narrata in Der singende Teufel, qui è il protagonista che paga in prima persona per il suo modo di essere, e persino dopo la morte.

Come accadeva in Der Schatzgräber, ma in modo forse ancora più inquietante, la leggerezza delle melodie e l’apparente estrema semplicità del linguaggio sembrano tese sopra un abisso, stridono con la terribile atmosfera di paura e miseria che fa da sfondo all’opera e con la ancora più terribile realtà in cui stava per essere precipitato lo spettatore del tempo ― realtà di cui Schreker era intimamente consapevole. E così il suono spesso si appesantisce e si carica di ombre, e in molti passaggi le melodie subiscono improvvise deformazioni che lasciano trapelare per un attimo, con un ghigno improvviso, panorami di violenza e orrore, subito rimossi. I critici non poterono fare a meno di notarlo, ma molti (come per esempio Oskar Bie) non capirono, e accusarono l’opera di essere pesante e per niente divertente: come non giustificarli, visto che non riuscivano a vedere nulla nemmeno della realtà in cui vivevano?

Naturalmente, il fondamento interamente melodico di Der Schmied von Gent ne fa un punto di estrema sintesi tra i due mondi del Lied e dell’opera teatrale, che qui ridiventano una cosa sola. La stessa orchestra sembra prosciugare l’iridescenza di cui ancora restavano abbondanti tracce nel Christophorus, per cercare una sorta di nuova purezza, in cui linea, melodia, contrappunto e colore siano una cosa sola, eppure capace di ogni sorta di contrasti. È su questa base che Schreker tornò finalmente a lavorare al Memnon.

Der Schmied von Gent fu programmato per la stagione autunnale del 1932 alla Städtische Oper di Berlino, mentre il mondo di Schreker, e non solo, andava lentamente in pezzi: in maggio il compositore fu costretto, dietro forte pressione politica, a dimettersi dal ruolo di Direttore della Musikhochschule di Berlino, accettando un incarico di minore rilievo come docente di composizione nella sezione musicale della Preussische Akademie der Künste, dove già dal 1925 insegnava anche Schönberg. Nell’estate di quell’anno morirono sia Hertzka, l’amico direttore della Universal Edition, sia Rottenberg, colui che per primo aveva diretto Der ferne Klang. E infine nelle elezioni di luglio il partito di Hitler crebbe ancora, scavalcando i socialdemocratici.

La prima di Der Schmied von Gent  il 29 ottobre 1932 fu l’unico evento importante della stagione: a essa erano presenti tutte le maggiori autorità. Ma l’opera suscitò uno scandalo ancor più virulento di quello suscitato molti anni addietro dalla prima viennese di Das Spielwerk und die Prinzessin, con la differenza che stavolta non era la musica a essere messa in discussione, ma l’artista: la protesta aveva forti toni politici e un carattere decisamente antisemita.

*

I want at first to mention one of my collegues who really always had been very friendly and faithful to me, though – from the viewpoint of most other collegues – he should rather have been jelous of me. Because in spite of his great success with his operas, and though he was not a follower of my development, he had always shown some true personal appreciation of me.

It is Franz Schreker.

He himself was a thourough musician with an excellent background and great technical ability. In fact I had also much and real appreciation of his art. It was a time when he was perhaps overrated. But afterwards he was certainly underrated. I am sure some of his operas could survive and I hope sometimes they will be rehabilitated.

Arnold Schönberg, January, 2nd 1944

Nel gennaio 1933 Hitler divenne Cancelliere della Germania, e praticamente da subito cominciarono a fioccare provvedimenti contro gli ebrei. Uno dei primi fu la cosiddetta »Legge per il rinnovo degli incarichi professionali«, che doveva servire alla rimozione dagli incarichi degli insegnanti di origine non ariana o associati al precedente governo social-democratico. L’ansia di Schreker per l’incertezza della propria posizione gli procurò un esaurimento nervoso, i tentativi di trovare una via d’uscita all’estero e soprattutto negli USA non davano frutti, la situazione economica si aggravava. Ricevuta a maggio la notizia ufficiale del provvedimento di sospensione dell’incarico all’Accademia sia per lui sia per Schönberg, Schreker partì nuovamente per il Portogallo, dove riprese la composizione del Memnon. Poté portarne a termine solo il preludio, il Vorspiel zu einer großen Oper. Tornato a Berlino, città che la moglie Maria non voleva assolutamente lasciare, ricevette l’ultimo colpo: la Preussische Akademie der Künste gli riconobbe una pensione molto più bassa del dovuto, non tenendo conto di tutti gli anni di servizio a Vienna, come invece era stato pattuito. E mentre Schönberg partiva definitivamente per gli Stati Uniti, Schreker rimaneva a Berlino in uno stato di crescente isolamento. Il ritorno delle difficoltà economiche, il risorgere dello spettro della fame che aveva patito nell’infanzia, il veder vano ogni sforzo di trovare un nuovo sbocco in un luogo qualsiasi per la sua carriera, l’ansia provocata dalle difficoltà di far eseguire da qualche parte la sua musica e soprattutto l’angoscia per il futuro ― tutto questo provocò uno stato di crisi che sfociò alla fine dell’anno in un attacco cardiaco seguito da un inizio di paresi.

*

Für immer sei […] alles schöne Vergangene, das sich für mich mit Franz Schreker verbindet, in Ehren gehalten. Und vor allem sein Werk, dies Unvergängliche, im Herzen bewahrt.

Anton Webern

Per sempre […] siano onorate tutte le belle cose del passato, che per me si collegano a Franz Schreker. E sopra tutte la sua opera, questa imperitura, sia custodita nel cuore.

  Anton Webern 

(Lettera di condoglianze a Maria Schreker)                                                                               

Schreker si spense lentamente, morendo il 21 marzo 1934 a Berlino.

Qualche anno dopo, il regime nazista arrivò a proibire qualunque esecuzione delle sue opere, immettendolo nella lista nera dei compositori della »Entartete Musik« ― »musica degenerata«. Già dal 1935 il regime nazista aveva di fatto bloccato la pubblicazione dei lavori tanto dei compositori quanto dei critici non affiliati al regime, o perché ebrei o in quanto social-democratici. Nel 1938 fu allestita a Düsseldorf una mostra dal titolo Entartete Musik, dove venivano bollate come degenerate non solo le opere dei compositori ebrei, ma anche tutto ciò che aveva a che fare con la musica atonale o il jazz. Accanto alla foto di Schreker si trovava questa definizione: »Franz Schreker era il Magnus Hirschfeld tra i compositori d’opera. Non c’era aberrazione sessual-patologica che egli non avrebbe messo in musica.« Maguns Hirschfeld (1868-1935), cui qui si fa riferimento, fu un sessuologo di origini ebraiche e militante per l’eguaglianza e i diritti degli omosessuali. L’Institut für Sexualwissenschaft, da lui fondato nel 1919 a Berlino, comprendente anche una grande biblioteca e un museo del sesso, fu distrutto dagli studenti della Deutsche Studentenschaft il 6 maggio 1933 e i libri della biblioteca bruciati il 10 maggio nel famoso rogo dei libri nella Opernplatz (oggi Bebelplatz).

Schreker, nato e cresciuto protestante, si avvicinò forse solo negli ultimi anni della sua vita all’ebraismo, nello stesso periodo in cui Schönberg lo riscopriva come fede. In una delle sue ultime composizioni, il melodramma Das Weib des Intaphernes, su testo di Eduard Stucken (1865-1936), Schreker affronta per la prima volta un tema ebraico, e sembra presentire in qualche modo l’imminente tragedia di quel popolo. Oggi, dopo l’Olocausto, le implicazioni del testo fanno rabbrividire. Dopo che la moglie di Intaferne ha infatti accusato il Re Dario di averle preso »non oro e beni« ma »sangue del suo sangue«, compaiono alcuni versi che sembrano prefigurare una visione dei campi di concentramento:

Mein Vater mit dem weißen Haare,

den Gemahl, den Bruder, meinen Bub’

nahmst Du! Nicht einmal an ihrer bahre

weint’ ich, da man lebend sie begrub.

Im erdfeuchten Loch

ruh’n auch andere noch

die erstickt sind in der engen Stub’.

Mio padre, dai capelli canuti

il mio sposo, il mio fratello, il mio bimbo

prendesti! Né mai sulle loro bare

piansi, ché li sotterrarono vivi.

Nell’umido buco

giacciono anche altri

soffocati in quella camera angusta.

Ma c’è anche una sorta di profezia finale sulla distruzione degli oppressori: il re Dario muore accoltellato dalla donna proprio nella cella, cui la donna poi dà fuoco, morendo a sua volta tra le fiamme coi suoi cari  ― l’ultimo, e il più terribile, degli incendi di Schreker, dopo il fuoco interiore che divorava la protagonista di Flammen, o l’incendio che distruggeva il carillon e il castello della Principessa, e nel quale (forse) scomparivano lei e il Giovane in Das Spielwerk und die Prinzessin, o quello che divorava il castello di Irrelohe nell’opera omonima, o ancora quello che distruggeva l’abbazia e l’organo in Der singende Teufel: un fuoco di distruzione e redenzione, immagine dell’incendio del Walhalla che chiude la Götterdämmerung.

Ma, grottescamente, Schreker, che il Nazismo ha tentato di cancellare dalla storia col pretesto delle sue origini semite, non fu neppure abbastanza ebreo: nel 2001, nello spazio riservato nel Museo Ebraico di Berlino ai compositori perseguitati dal Nazismo, Schreker era assente (e lo era ancora nel 2019) ― sorte che oggi condivide con molti altri compositori, essendo stato quello spazio sostituito da un minuscolo settore sull’avanguardia musicale ebraica in cui si nominano a malapena Korngold e Weill. Per quanto l’oblio berlinese sia stato riequilibrato nel 2004 dal Museo Ebraico di Vienna, che in occasione della rappresentazione di Irrelohe alla Volksoper ha allestito una mostra interamente dedicata al compositore, l’impressione resta che la posizione di Schreker in rapporto all’Ebraismo non sia stata ancora definita. Come il protagonista della sua ultima opera egli si trova ancora davanti alle porte del Paradiso, in attesa.



Bibliografia

Arnold Schönberg/ Franz Schreker: Briefwechsel, Friedrich C. Heller (ed.),  Tutzing 1974.

Franz Schreker zum 50. Geburtstag (Schreker-Nummer), Anbruch10/3-4, März/April 1928.

Paul Bekker/Franz Schreker: Briefwechsel, Christopher Hailey (ed.), Aachen 1994.

Adorno, Theodor W.: Schreker, in: Adorno: Quasi una Fantasia ( =Musikalische Schriften II), Frankfurt a. M. 1978.

Altenberg, Peter: Bilderbogen des kleinen Lebens, Berlin 1909.

Bekker, Paul: Franz Schreker: »Der Schatzgräber«. Uraufführung im Frankfurter Opernhaus am 21. Januar, in: Frankfurter Zeitung, 64. Jg., Nr. 58, Abendblatt, 22 Januar 1920; ristampa in: Bekker/ Schreker: Briefwechsel, p. 351.

Bekker, Paul: Franz Schreker: Studie zur Kritik der modernen Oper, in: Deutsche Bühne: Jahrbuch der Frankfurter Städtischen Bühnen, Georg J. Plotke (ed.) Frankfurt a. M. 1919, pp. 71-106; ristampa in: Bekker/ Schre-ker: Briefwechsel, pp. 280-313

Bekker, Paul: Klang und Eros ( =Gesammelte Schriften, Band 2), Stuttgart und Berlin 1922.

Hailey, Christopher: Zur Entstehungsgeschichte der Oper Christophorus, in: Franz-Schreker-Symposion, pp. 119-121.

Hailey, Christopher: Franz Schreker 1878-1934. A cultural biography, Cambridge 1993.

Kienzle, Ulrike: Das Trauma hinter dem Traum – Franz Schrekers Oper »Der ferne  Klang«  und die Wiener Moderne, Schliengen 1998.

Schreker, Franz: Erinnerungen, Oesterreichisches Nationalbibliothek Wien, Signatur: F3 Schreker 63.

Schreker, Franz: Lebenslauf, 1912 (documento senza titolo approntato da Schreker come curriculum vitae allorché gli fu proposta la cattedra di composizione all’Accademia di Vienna), Wien Verwaltungsarchiv, Akte Akademie 145/Pr.; citato in: Ernst Hilmar: Schrekers Wiener Jahre, in: Franz Schreker: Am Beginn der neuen Musik, Otto Kolleritsch (ed.) Graz, 1978.

Schreker, Franz: Selbstbiographisches (volantino di quattro pagine della Universal Edition, 1917), Oesterreichisches Nationablibliothek Wien. Signatur: F3 Schreker 93.

Schreker, Franz: Über die Entstehung meiner Opernbücher, in: Das Feuer 1/2-3, Novembre-Dezember 1919; ristampa in: Anbruch, 2. Jg. 1920.

Schreker, Franz: Zwiespältiges. Aus meinem Leben (manoscritto datato 10 settembre 1921) in: Windharfe (Textentwurf), Bl. 7-12, Oesterreichisches Nationablibliothek Wien. Signatur: F3 Schreker 96.

Schreker-Bures, Haidy/ Stuckenschmidt, H.H./ Oehlmann, Wiener: Franz Schreker, Wien 1970.

Stefan, Paul: Vor fünfundzwanzig Jahren. Musik um die Jahrhundertwende, in: 25 Jahre neue Musik. Jahrbuch 1926 der Universal-Edition, H. Heinsheimer/ S. Stefan (edd.), Wien 1926.

van den Hoogen, Eckhardt: Die Orchesterwerke Franz Schrekers in ihrer Zeit, Regensburg, 1981.











Published by amandusherz

Laureato col massimo dei voti e lode all'Università di Firenze con una tesi sui Lieder di Franz Schreker, ha collaborato al programma di sala per la prima rappresentazione italiana di "Die Gezeichneten" a Palermo e ha partecipato come relatore al convegno su Schreker a Strasburgo in occasione della prima assoluta di un'opera di Schreker in Francia. Attualmente scrive la tesi di dottorato alla Goethe-Universität di Francoforte.

%d bloggers like this: